
Anche i ricercatori dell’Università di Siena sulle tracce degli ultimi cavalli selvatici europei
Per migliaia d’anni il cavallo selvatico (Equus ferus) rappresentò un’importante fonte di sostentamento per i gruppi di cacciatori/raccoglitori paleolitici europei. La diffusione di questa specie nel nostro continente fu possibile grazie alla presenza di estesi ambienti di steppa e prateria in fasi climatiche arido/fredde. Recentemente, gli ultimi 40.000 anni di storia dei cavalli europei sono stati oggetto di uno studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista “Science Advances”, coordinato dal Centre for Geogenetics, Natural History Museum of Denmark, University of Copenhagen, cui ha preso parte anche l’U.R. Preistoria e Antropologia del DSFTA dell’Università di Siena, nelle persone del dott. Francesco Boschin e del prof. Paolo Boscato. In particolare sono stati confrontati per la prima volta i dati di distribuzione del cavallo selvatico in Eurasia con i modelli paleoclimatici basati sulla circolazione atmosferica e oceanica negli ultimi 40.000 anni. Lo studio ha messo in evidenza una netta differenza tra i cavalli selvatici europei e quelli asiatici, con i primi decisamente più adattabili a differenti condizioni climatiche. E' stato inoltre confermato che a partire da circa 12.000 anni fa il riscaldamento climatico successivo alla fine dell’ultimo Massimo glaciale causò in Europa una frammentazione degli ambienti a prateria dovuta ad un aumento di copertura forestale. In questa fase la popolazione di cavalli conobbe una forte crisi demografica e scomparve in quasi tutto il continente. Mentre in Europa la specie andava incontro all’estinzione (in Italia gli ultimi individui sopravvissero in Puglia fino a circa 9.000 anni fa), in Asia, a partire dal terzo millennio a.C., il cavallo venne addomesticato e cambiò in modo definitivo il suo rapporto con l’uomo. Dopo millenni di assenza da gran parte d’Europa il cavallo ebbe quindi una nuova diffusione nel nostro continente, utilizzato come mezzo di trasporto. In questo quadro, lo studio da poco pubblicato ha messo in evidenza il particolare caso della Penisola iberica dove, grazie ad aree rifugio, la specie sopravvisse allo stato selvatico fino alla comparsa delle forme domestiche. Future analisi paleogenetiche potranno chiarire se i più antichi individui domestici ritrovati in Spagna furono il risultato di un’importazione di cavalli da altre zone oppure, al pari dell’Asia centrale, anche la penisola iberica fu un centro di domesticazione di questo equide.
M. Leonardi, F. Boschin, K. Giampoudakis, R. M. Beyer, M. Krapp, R. Bendrey, R. Sommer, P. Boscato, A. Manica, D. Nogues-Bravo, L. Orlando