Lunedì, 22 Gennaio 2018
La misura effettuata col telescopio dell’Università di Siena pubblicata in un telegramma astronomico
Lo scorso 18 gennaio il telescopio dell’Osservatorio Astronomico dell’Università di Siena ha misurato un notevole aumento della luminosità del blazar 3C 279 e ha diramato un Telegramma Astronomico, una sorta di veloce articolo scientifico diffuso via web ed e-mail, per comunicare lo stato di intensa attività di questo oggetto ai ricercatori e ai telescopi che, nel mondo, studiano questo tipo di sorgenti. L’osservazione mostra che la luminosità di 3C 279 era aumentata di oltre 4 volte rispetto ad una precedente misura del 3 gennaio, come se una lampada da 100 Watt iniziasse improvvisamente ad emettere oltre 400 Watt. Queste consistenti e sinora imprevedibili impennate della luminosità, dette flares (o brillamenti), non sono un fenomeno insolito in questo tipo di sorgenti, ma osservarle e notificarle tempestivamente alla comunità astronomica mondiale è cruciale per poterle studiare in dettaglio quando si presentano. Tra gli autori del Telegramma Astronomico, pubblicato come “ATel #11196” poche ore dopo l’osservazione, oltre al responsabile dell’osservatorio Alessandro Marchini e al ricercatore Giacomo Bonnoli, compare anche Bartolomeo Trefoloni, laureando del corso in Fisica e Tecnologie Avanzate che sta svolgendo un tirocinio e preparando la sua tesi presso l’Osservatorio Astronomico proprio sui blazar. Nel testo del telegramma sono citati anche i nomi degli studenti del Liceo Sarrocchi di Siena e del Liceo Cattaneo di Follonica che hanno partecipato alle osservazioni e all’analisi dei dati durante un progetto di Alternanza Scuola-Lavoro a carattere astrofisico, svolto presso il Dipartimento di Scienze Fisiche, della Terra e dell’Ambiente dell’ateneo senese.
3C 279 è un blazar, ossia un nucleo attivo di una galassia lontana, in cui un gigantesco buco nero si accresce cannibalizzando il gas che lo circonda, espellendo un potente getto di particelle ad altissima energia. E’ così distante che anche nelle immagini dei telescopi più potenti del mondo appare come un piccolo punto luminoso, e la galassia che lo avvolge non è visibile a quella distanza. Per molto tempo si è infatti pensato che i blazar, per il loro aspetto puntiforme, fossero stelle della nostra galassia; quando la tecnologia ha permesso di calcolarne la distanza ci si è resi conto che in realtà sono molto più lontani di moltissime galassie conosciute. Pertanto sono sorgenti molto particolari, di luminosità straordinaria che li rende visibili a distanze altrettanto straordinarie quando il loro getto è casualmente orientato in direzione della Terra. In particolare, 3C 279 è così distante da noi che i suoi lampi di luce, raggi X e raggi gamma, impiegano 5 miliardi e mezzo di anni per raggiungerci.
Immaginate che 5 miliardi e mezzo di anni fa il blazar 3C 279, al centro della sua allora giovanissima galassia, si sia divertito a emettere uno di quei lampi di luce in direzione della Terra. Allora la Terra però non c’era, e non c’era neppure il Sole. Durante il viaggio di quel lampo di luce verso di noi, hanno cominciato a formarsi tutti i corpi del sistema solare e sulla Terra si è creata e si è evoluta la vita. E’ arrivato l’uomo che ha inventato i telescopi e uno di quei telescopi, quello dell’Università di Siena, qualche notte fa era rivolto proprio nella direzione di quella galassia ed ha visto arrivare quel bagliore partito quando qui non c’era nulla.
Questi oggetti sono molto studiati dagli astrofisici e dai fisici delle alte energie, sia perché costituiscono dei potentissimi e naturali acceleratori di particelle che ci permettono di studiare le leggi di natura in condizioni mai sperimentate sulla Terra, sia perché la loro intensa attività può svelare molti misteri ancora irrisolti sull’evoluzione dell’Universo.